Per chi fa i Conti senza l’oste

La 75° stagione sanremese ha ufficialmente aperto i battenti con i due eventi tradizionali che ormai da anni iniziano a costruire hype per il Festival che viene: l’annuncio dei 24 26 30 partecipanti durante l’edizione pomeridiana del Tg1 di domenica 3 dicembre, seguito da quello dei titoli dei brani in gara comunicati dagli artisti all’interno dello speciale di prima serata Sanremo Giovani – Sarà Sanremo che il 18 dicembre ha definito i 4 concorrenti che si affronteranno a febbraio sul palco dell’Ariston nella sezione Nuove Proposte (tornata per quest’anno ad essere un circuito separato dalla gara dei Big).

L’entrata in scena – o meglio il ritorno – di Carlo Conti come direttore artistico, ruolo già ricoperto dal conduttore toscano fra il 2015 e il 2017, è stata accolta a inizio estate da un’ondata di malumore e scetticismo generale. Tanti avevano voluto vedere nel suo ritorno un “passo indietro” di RAI e una voglia di voltare pagina dopo i cinque anni di Amadeus, paventando scenari di occupazione coatta e censura del governo su cast, ospiti e temi trattati: i più ardimentosi andavano addirittura dipingendo scenari in cui Conti per qualche motivo avrebbe dovuto volere in gara solo vecchi bacucchi, reduci di Ora o mai più, amiciani di terza o quarta fascia e Povia.

La realtà svelata con l’annuncio del cast racconta una storia diversa, ma prevedibile per chi ha seguito l’evoluzione del Festival negli ultimi cinque anni. Il rilancio di Sanremo è stato una vera e propria gallina delle uova d’oro per l’industria discografica, reduce da un’edizione 2024 dove 28 dei 30 cantanti in gara (tutti tranne il duo Renga & Nek e Maninni) hanno certificato Oro o più per un totale di 4 milioni e 550 mila copie. Se aggiungiamo il fatto che la scelta di FIMI di raddoppiare le soglie necessarie a certificare un singolo – una metrica che alza l’asticella in modo considerevole e a un livello difficilmente affrontabile da tutti i generi al di fuori di rap e trap – avrebbe consentito comunque a 19 brani di raggiungere la soglia del disco d’Oro, è facile intuire come nessuno (meno che mai RAI/Conti) abbia interesse a mettere i bastoni tra le ruote a questo business e riportare il Festival in una nuova era di irrilevanza discografica.

Questo si riflette in un cast di 30 artisti (e altrettanti, se non di più, nomi di peso esclusi: evidenza del fatto che malgrado le incertezze del passaggio di testimone fra Conti e Amadeus, Sanremo resti un traguardo ambitissimo e desiderabile per quasi tutti gli artisti che compongono il panorama musicale italiano) dove le uniche due “quote over” in gara sono Marcella Bella e Massimo Ranieri, Marcella peraltro anche l’unica rappresentante di Ora o mai più (era coach sia della 1 che della 2), Povia si è accomodato come gli scorsi anni fra gli esclusi (dichiarando apertamente, e gliene diamo atto, di averci provato con la sua “””canzone scomoda”””), i reduci di Amici sono cinque di cui quattro hanno partecipato anche sotto la gestione di Amadeus (Elodie, Irama, Gaia, The Kolors) e la quinta è la reginetta dell’edizione appena conclusa Sarah Toscano.

Deve essere chiaro a tutti come il cast di Sanremo 2025, preso semplicemente a livello di “valore atteso” degli artisti in gara, sia più o meno in linea con quelli messi insieme da Amadeus dal 2020 in poi. Le due differenze sostanziali, almeno a mio parere, sono:

  • l’assenza di un superbig la cui presenza non ti aspetteresti in gara al Festival (potrebbe esserlo Gué, ma temperato dal fatto che partecipa in una costellazione di cui non è l’artista principale ma solo il featuring);
  • l’assenza in gara del fenomeno italiano dello streaming dell’anno precedente (Rkomi nel 2021, Blanco nel 2022, Lazza nel 2023, Geolier nel 2024; quest’anno avrebbe dovuto essere Anna Pepe o Tedua).

In un certo senso, un’altra differenza con gli ultimi anni che salta all’occhio è l’assenza di un vero e proprio favorito che fagocita l’intera competizione già da prima dei preascolti, come successo in particolare nel 2022 (Mahmood e Blanco) e 2023 (Marco Mengoni). Rispetto allo scorso anno, in cui i presupposti dell’edizione vedevano tante narrative forti e contrastanti fra loro – in primis la pestilenziale UnaDonna™, che non vedo l’ora (/s) di vedere riproposta da qui a un paio d’anni per il ruolo di conduttore direttore artistico – questo Sanremo 2025 sembra configurarsi in un’edizione leggermente più rilassata e “di transizione” rispetto allo scenario da Guerra dei Mondi che abbiamo vissuto lo scorso febbraio. É altresì probabile che, dopo che Angelina Mango è riuscita a mandare in frantumi il famigerato soffitto di cristallo (ma non è svilente già solo porlo in questi termini, visto che la prima vincitrice donna di Sanremo fu letteralmente Nilla Pizzi nel 1951?), quest’anno lo zeitgeist collettivo e l’inevitabile contraccolpo chiederebbero la vittoria di un uomo e un’edizione a trazione prevalentemente maschile.

La situazione di confusione è riassumibile nell’attuale classifica degli scommettitori – italiani e internazionali – che al momento recita la seguente top10:

Più che essere indicativa di ciò che la classifica potrà essere a febbraio, questa lista individua gli artisti che in questo momento vengono considerati più realisticamente in grado di vincere il Festival sulla base del meccanismo di gara e dei trend degli anni passati (visti, in larga parte, da una prospettiva internazionale in quanto chi gioca sul Festival con due mesi di anticipo è in stragrande maggioranza membro della bolla di scommettitori straniera).

Nel momento in cui scrivo, però, non abbiamo ancora un’idea precisa di quale sarà effettivamente il metodo di voto di questo Sanremo 2025, al di là delle due novità già annunciate in pompa magna da Conti (la serata cover non farà più media con le altre e sarà un momento completamente “fuori gara”; i voti maturati fino a quel momento verranno azzerati prima della superfinale a 5). Questo ovviamente al di là della divisione nominale 34% televoto, 33% sala stampa, 33% giuria delle radio, che come sappiamo è un indicatore fuorviante e potenzialmente ingannevole se non siamo a conoscenza della modalità in cui si esprimeranno giornalisti e radiofonici (preferenza secca, giudizio numerico, divisione di gettoni, ranking ecc.).

Dal 2021 in poi le giurie sono state chiamate ad esprimersi ogni sera con un voto da 1 a 10 ad ogni canzone, modalità che creava necessariamente una variabilità minore rispetto a quella del televoto – dove, come abbiamo visto l’anno scorso, un solo act può arrivare al 40% di preferenze su 30 brani in gara – e rendeva le preferenze dei giurati quasi totalmente ininfluenti. Per ovviare a questo problema, dall’edizione 2023 in poi Amadeus ha introdotto una nuova modalità di voto in superfinale dove i giurati vanno ad esprimere una preferenza secca fra i cinque brani che hanno superato il primo taglio (circostanza che ha consentito il ribaltamento del risultato della F5 di Sanremo 2024 in favore di Angelina Mango, a fronte del 60% raccolto da Geolier al televoto). Resta da vedere se Conti vorrà proseguire su questa strada, tornare alla precedente oppure intraprenderne una del tutto nuova.

Se puntare univocamente su un singolo artista è prematuro e non ha senso a questo punto del gioco (e lo sarà quantomeno fino ai preascolti della stampa, tradizionalmente previsti per la seconda metà di gennaio) ha senso invece andare ad individuare i membri del cast che hanno una possibilità concreta di finire in top5 e le possibili narrazioni che potrebbero cavalcare, anche in base a quanto emerso durante la serata di Sarà Sanremo.

GIRONE DEI “RATTI”

Uso il termine “ratto” (adottato su Twitter/X dalla Bolla™ inizialmente per riferirsi al nuovo filone di rapper e trapper spesso misogini, omofobi e/o implicati con la giustizia, ultimamente allargato a qualsiasi artista maschio eterosessuale che non faccia volare parrucche e non muova i cuori dei più) non in modo dispregiativo ma per riappropriamene, sia perché topi e ratti mi sono sempre stati abbastanza simpatici, sia perché mi pare abbastanza chiaro che tutte le premesse indichino un Sanremo 2025 particolarmente rodent-heavy. La realtà è che gli artisti di cui sto per parlare muovono tutti cifre e fanbase importanti all’interno del mercato musicale italiano, e ignorarli o sminuire il loro successo non li farà scomparire o scivolare in bassa classifica a febbraio.

Nonostante sia ormai un habitué di Sanremo (quinta partecipazione nei Big nelle ultime sette edizioni) Irama è indubbiamente da considerarsi un possibile candidato alla vittoria nonché un favorito scontato per un posto in top5, piazzamento che ha raggiunto in tre circostanze su quattro (quinto nel 2021, terzo nel 2022, quinto nel 2024) e sfiorato nel 2019 quando fu settimo ma quarto al televoto della finale – ben sopra l’eventuale vincitrice Soldi. Su Irama, che Carlo Conti considera una sua creatura e vorrebbe tantissimo vedere in vittoria, pesa un po’ lo spettro della riproposizione e del suo ruolo di “prezzemolino” all’Ariston che anno dopo anno sminuisce un po’ il valore della sua partecipazione; allo stesso tempo, il suo pubblico ha dimostrato di sostenerlo attivamente in qualsiasi circostanza e con il brano giusto (un reggaeton spinto o una uptempo moderna à la La genesi del tuo colore) l’artista di Carrara potrebbe fare il salto di qualità definitivo per mettere le zampe sul gradino più alto del podio.

Altrettanto lanciato sembra essere Olly (Federico Olivieri), alla seconda presenza in Riviera dopo il 24° posto del 2023, nel frattempo esploso a livello discografico e passato alla corte della manager Marta Donà e della sua etichetta LaTarma. Il talento di Donà nel giocare il “gioco del trono” sanremese e i risultati ottenuti sul campo (3 vittorie nelle ultime quattro edizioni: Måneskin 2021, Mengoni 2023, Angelina Mango 2024) parlano per lei, ed è naturale che un artista come Olly si presenti in gara a questo Sanremo per quella che dev’essere la sua definitiva consacrazione dopo il successo radiofonico di hit come Devastante e Per due come noi. Se stiamo a vedere ai precedenti riguardanti gli artisti controllati da LaTarma, è abbastanza scontato pensare che i giornalisti non ostacoleranno troppo Olly o addirittura si schiereranno in suo favore: resta da vedere quanto è grande la fetta di televoto generalista che riuscirà a conquistare partendo dallo 0,45% e dal 25° posto (su 28) della finale 2023.

Altro artista che ormai a Sanremo ha un ruolo di presenza fissa o quasi è Achille Lauro, alla quarta partecipazione in gara nel giro di sette anni. Il rapper romano, mai meglio di ottavo al Festival, sembra aver consolidato il suo zoccolo duro di pubblico grazie al successo della ballad Amore disperato (uscita come singolo a inizio autunno e presentata in pompa magna al Suzuki Music Party di Amadeus) e al suo ruolo come giudice della diciottesima edizione di X Factor Italia. La partecipazione di Lauro con quello che verosimilmente sarà un altro brano lento e disperatissimo (sulla falsariga di Amore disperato e 16 marzo, ma in antitesi ai suoi precedenti sanremesi) sembra stare generando un certo hype e volere normalizzare definitivamente la sua figura dopo il ruolo “distruttivo” con cui si è fatto conoscere nel mainstream, cercando di puntare dichiaratamente ai piani altissimi della classifica finale.

Il 2025 sarà anche l’anno del ritorno in gara di Francesco Gabbani, artista che vanta uno dei migliori record sanremesi in questo secolo (vincitore nel 2017, secondo classificato nel 2020 vincendo il televoto della finale e della superfinale). Malgrado qualche stagione di scarsi riscontri commerciali, Gabbani si è già dimostrato in passato un vero e proprio “animale da Festival” e la canzone che porta in gara (Viva la vita) potrebbe essere proprio l’emblema della sanremesità e della giusta e sana paraculaggine in grado di fare breccia nel cuore del pubblico generalista.

Nutrita è infine la presenza di rapper e trapper, alcuni in cerca di rilancio (Rkomi, Rocco Hunt, Willie Peyote), altri al debutto sul palco dell’Ariston (Emis Killa, Bresh). É chiaro che non ci può essere posto per tutti, e che a fare la differenza all’interno di questa categoria sarà l’effettivo valore dei brani proposti – al netto della popolarità di Rocco Hunt in Campania e tutto il Mezzogiorno, che potrebbe consentirgli di piazzarsi molto in alto al televoto in una sorta di Geolier redux. Desta grande curiosità anche la prima presenza in gara di Gué, come featuring di un progetto che comprende anche il producer Shablo e i rapper Tormento (già dei Sottotono) e Joshua Bale. Come rappresentante della “vecchia scena” del rap italiano, quella che ha sempre rifuggito Sanremo finché non è diventato più cool di loro, Gué sicuramente partecipa per provare a lasciare il segno e mobilitare una fascia importante di pubblico (anche, magari, non affezionato al Festival o disposto a mobilitarsi e votare per chiunque altro).

SOTTOGIRONE “DILLO ALLA MAMMA, DILLO ALL’AVVOCATO”

Merita un capitolo a parte la presenza in gara di Fedez e Tony Effe, artisti che hanno fatto parlare di sè lo scorso settembre per un lungo dissing a mezzo social che i maligni hanno voluto vedere come l’ennesima occasione per creare hype e far parlare di sé, tanto più dopo l’annus mediaticus horribilis vissuto dal rapper di Rozzano (fresco di separazione dalla moglie Chiara Ferragni, anche lei coinvolta suo malgrado nella faida tra l’ex marito e Tony Effe).

In quest’ottica, l’annuncio della presenza di Fedez e Tony all’interno del cast è stato accolto come abbastanza normale per due figure abituate a “rilanciare” e deviare l’attenzione su altro ogni volta che si trovano al centro di una polemica o una lite pubblica. Che ci piaccia o meno, la serata di Sarà Sanremo (e ciò che è accaduto nelle ore immediatamente precedenti, ossia l’esclusione di Tony dal Concerto di Capodanno a Roma) ha però messo in chiaro che la loro narrazione sarà inevitabilmente uno dei temi centrali di questo Festival.

Inutile girarci intorno: Fedez va a Sanremo per riprendere in mano il controllo della narrativa di sé stesso, e Tony Effe va a Sanremo per provare ad impedirglielo e allo stesso tempo alimentare e alzare a un livello superiore la sua già sdoganata carriera solista. É uno schema potenzialmente distruttivo per il Federico uomo, che non ha mai fatto mistero di non amare Sanremo e le competizioni, e su quel palco ha vissuto forse il vero turning point negativo della sua carriera: nel 2023, ospite di Chiara che era co-conduttrice, finì per rovinare il suo momento d’oro con un’escalation di mosse atte a rubare la scena, culminando nel bacio con Rosa Chemical davanti a una platea attonita durante la performance finale del sabato sera.

Se da una parte è lecito (e finanche scontato) pensare che Fedez e Tony monopolizzeranno il racconto della settimana sanremese 2025, dall’altra però credo che possa rivelarsi un’arma a doppio taglio per le loro chance a livello di gara. Fedez fu estremamente supportato dal televoto nella sua unica partecipazione sanremese (2021, 2° in coppia con Francesca Michielin) ma si trovava al culmine della popolarità, con centinaia di migliaia di fan fidelizzati a seguire su Instagram le quotidiane avventure dei Ferragnez. Vale lo stesso supporto oggi? Decisamente no. Può Tony Effe capitalizzare l’indignazione generale per la “censura” subita ed imporsi al televoto con largo margine? Probabilmente nemmeno, tanto più se pensiamo alla sua potenziale resa live.

Resta il fatto che la loro presenza in gara, a tutti gli effetti, rappresenta una vera e propria “storia”: un intreccio di rivalità e strategie mediatiche che si svilupperà nei giorni del Festival e che a mio avviso vedrà il prevalere (mediatico e competitivo) di uno solo dei due.

GIRONE “UNADONNA™ 2.0″

Dopo un’edizione 2024 in cui le donne (in un modo o nell’altro) sono state protagoniste, ci approcciamo a un Festival in cui le “quote rosa” sono ben undici ma solo due di loro sembrano avere i numeri per condurre una gara di testa.

Per Giorgia, questo è il secondo ritorno a Sanremo dopo il passo falso del sesto posto del 2023. Nel frattempo, ha consolidato la sua affermazione come conduttrice nell’ultima edizione di X Factor, ruolo in cui ha ottenuto un grandissimo successo di critica, rilanciandosi (se ce ne fosse stato bisogno) come artista completa, capace di andare ben oltre la canonica “bella voce”. Sanremo 2025 rappresenta, verosimilmente, la sua ultima occasione per puntare al bersaglio grosso. Lo fa con un brano scritto da Blanco, che si prende il compito di provare a svecchiare la sua produzione e incanalarla su un binario più moderno, pur rimanendo al servizio di una vocalità probabilmente unica in Italia. Basterà questo a conquistarle il favore del televoto, che solo due anni fa relegava Parole dette male al nono posto in finalissima con un modesto 2,44% — vanificando le sue residue possibilità di salire sul treno per la F5 — e in ogni caso metteva l’iconico e imprescindibile duetto con Elisa nella serata cover al quarto posto dietro a Mengoni, Ultimo e Lazza?

Si può dire lo stesso di Elodie, che festeggia quest’anno la quarta partecipazione nei Big (8° nel 2017, 7° nel 2020, 9° nel 2023) ed arriva a Sanremo con la pressione aggiunta di un ruolo di favorita che a mio avviso non le appartiene – malgrado l’indubbia campagna elettorale che praticherà la Bolla™, quasi interamente schierata a suo favore. A differenza di Angelina e Annalisa, Elodie continua a rappresentare un’immagine di artista molto divisiva per gli standard del popolino italiano: l’avere deciso scientemente di puntare su un concept aggressivo e “poco rassicurante” le ha consentito di costituire una discreta fanbase (non abbastanza, però, per superare il banco di prova dei concerti negli stadi senza rifare Sanremo) ma le ha anche portato in dote una cospicua fetta di hater, che da qui a febbraio faranno a gara – come sta già avvenendo – per smontare e massacrare ogni sua affermazione pubblica. Non credo che Elodie possa puntare a vincere Sanremo, e ne sono ancora meno convinto dato il racconto di Dimenticarsi alle 7 che è stato fatto (una sorta di Due 2.0 in salsa elettronica).

Gioca per una posizione di rincalzo sicuramente Clara Soccini, che dopo il buon Festival di debutto con Diamanti grezzi ha passato il 2024 a posizionarsi nella migliore maniera possibile per il suo ritorno (segnando una discreta hit autunnale con Nero gotico) mentre sembra ormai tramontata la possibilità di incidere per Francesca Michielin (ridimensionata a livello di vendite e di esposizione dal 2016; invisa a molti per le sue prese di posizione contro il governo Meloni, da “oggi comincia la resistenza” in poi; apparentemente in cerca più di rilancio che di consacrazione) e Noemi (reduce da diverse partecipazioni recenti ottenendo piazzamenti di rincalzo a fronte di brani forti).

GIRONE “OLTRE IL TORMENTONE C’È DI PIÙ”

Un trend che ha caratterizzato questi ultimi anni – in particolare da quando la corsa al tormentone estivo è diventata il secondo, non ufficiale banco di prova per gli artisti italiani dopo Sanremo – è il desiderio condiviso di provare a capitalizzare sul palco dell’Ariston il successo commerciale dell’estate precedente. É un gioco che ha distrutto diversi Big della scorsa decade (una su tutti Giusy Ferreri, i cui ricchi cespiti della “trilogia” Roma-Bangkok/Amore e Capoeira/Jambo le hanno portato in dote grande successo in termini di SIAE ma l’hanno anche privata di una credibilità come artista capace di cantare “altro” oltre al tormentone estivo) e l’anno scorso ha colpito negativamente i The Kolors: in tanti pensavano che il successo di Italodisco avrebbe permesso alla band guidata da Stash Fiordispino di rilanciarsi e trovare un nuovo pubblico, ma così non è stato e Un ragazzo una ragazza si è fermata addirittura al 22° posto del televoto finale (e al 16° del classificone).

Quest’anno sono tanti gli artisti che si propongono in questa quota dopo un’estate 2024 “friccicarella”, da Gaia (Sesso e samba) ai Coma_Cose (Malavita) a Rose Villain (Come un tuono) al ritorno di fiamma dei The Kolors (Karma). A meno che non portino in gara il pezzo della vita, credo che questi artisti – che in molti casi non possono vantare una fanbase “affermata” o altamente mobilitabile – siano destinati a fare una gara di rincalzo e puntare, nella migliore delle ipotesi, alla metà alta della classifica.

GIRONE “QUOTA SORPRESA”

Potrebbe un act completamente inaspettato sparigliare le carte in tavola come fece nel 2023 Mr. Rain, medaglia di bronzo in una delle edizioni dal livello medio più alto dell’era moderna? Non è semplice, ma a mio avviso questa quota potrebbe configurarsi in almeno tre nomi. Serena Brancale, TikTok queen dopo il successo virale di Baccalà, in gara con l’intento dichiarato di mettere in campo un pezzo tradizionale, territoriale e CARICO, un “sapore di sugo” che potrebbe colpire e differenziarsi ponendosi in una corsia diversa dagli altri 29. Simone Cristicchi, che promette di portare un tema difficile (l’invecchiamento dei genitori) con la caratteristica delicatezza che lo contraddistingue, provando a costruire sul già ottimo quinto posto raccolto nel 2019 con Abbi cura di te. Brunori Sas, altro rappresentante della scuola cantautorale italiana, che debutta finalmente sul palco dell’Ariston e sembra arrivarci con un discreto hype dopo anni di ottimi riscontri commerciali.

 

Chiudo questa analisi facendo una mia prima – parzialissima e prematura – previsione di top5 e una tier list del “potenziale” dei cantanti in gioco allo stato dell’arte, ovviamente da rivedere (sempre qui su EURODORK) dopo il preascolto dei giornalisti e a ridosso della settimana sanremese:

F5: Irama, Achille Lauro, Olly, Giorgia, uno fra Fedez e Tony Effe.

1° tier: Irama, Achille Lauro
2° tier: Olly, Giorgia, Fedez, Tony Effe, Francesco Gabbani
3° tier: Elodie, Rocco Hunt, Clara Soccini, Shablo/Gué/Tormento/Joshua, Simone Cristicchi
4° tier: Rose Villain, Gaia, The Kolors, Serena Brancale, Brunori Sas
5° tier: Coma_Cose, Francesca Michielin, Noemi, Emis Killa, Willie Peyote
6° tier: Sarah Toscano, Modà, Bresh, Rkomi, Massimo Ranieri, Marcella Bella, Lucio Corsi, Joan Thiele

 

 

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