Come da tradizione, la settimana del Benidorm Fest è stata divertente quanto estenuante. Divertente perché l’entusiasmo (spesso immotivato) degli eurofan spagnoli non ha pari e ha contribuito a un continuo sovrapporsi e sostituirsi di narrative e favoriti diversi, estenuante perché letteralmente ogni secondo c’era un nuovo polemicone/eurodrama a tenere banco (la maggior parte dei quali aveva poco a che fare con la gara in sè).
La cosa che fa un po’ ridere è che in particolare quest’anno si sono scritti fiumi d’inchiostro sulla necessità del Benidorm Fest di somigliare più a Sanremo e meno all’Eurovision, di togliere il più possibile i riferimenti eurovisivi presenti nello script, di fare in modo che emergano brani e performance “non scritti per l’ESC” in modo da invogliare gli artisti più importanti della scena musicale iberica a parteciparealle prossime edizioni. Questi propositi possono avere anche un senso, ma si scontrano nella realtà dei fatti con la poca attrattività del festival presso il pubblico medio (le semifinali hanno totalizzato il 10/11% di share ciascuna, la finalissima il 16%) e con il fatto che il BeFest stesso non esisterebbe senza il fandom spagnolo a tenerlo in piedi. Una delle polemiche che ha impazzato durante la settimana è stata la quasi totale assenza di donne nel pubblico, a cui è stato dato seguito con interviste alle poche ardimentose in grado di mettere le mani su un biglietto del golden circle e tavole rotonde su come rendere il festival più inclusivo (giuro). E mi fa ridere questa cosa perché basta guardare alle proposte selezionate per rendersi conto che la decisione di RTVE di assecondare in tutto e per tutto il fandom (formato in larghissima parte, come scrissi già ai tempi, da uomini omosessuali di mezza età) ha avuto un forte impatto nel rendere il Benidorm Fest un prodotto poco appetibile per lo spagnolo medio, un po’ come avevamo già sperimentato con le ultime edizioni del compianto Australia Decides.
Altro problema che continua a creare imbarazzo, anno dopo anno: la scarsa resa live delle performance (in particolare durante le semifinali) e l’incapacità del broadcaster di creare un metodo di voto che consenta al pubblico di esprimere le proprie preferenze senza dilapidare un capitale: nella serata finale sono arrivati circa 25.000 voti totali, più o meno gli stessi che vengono espressi in una semifinale qualsiasi del Söngvakeppnin isandese. Malgrado i proclami di Maria Eizaguirre l’anno passato sulla necessità di rivoluzionare il sistema di voto (fortemente sbilanciato in favore delle giurie) e di realizzare un’app di voto gratuita sul modello delle selezioni nordiche, anche quest’anno è rimasto tutto uguale alle scorse edizioni – compresa la rivelazione dei risultati completi in coda alle semifinali, che ha tolto buona parte della suspense su quale avrebbe potuto essere il risultato della finale del sabato. Propositi analoghi sono stati formulati per l’edizione 2025, vedremo se verrà dato loro un seguito o meno.
Lo show si è tenuto in tre serate, come da tradizione presso il Palau Municipal d’Esports l’Illa de Benidorm, con la conduzione di Ruth Lorenzo, Ana Prada e Marc Calderó e la direzione artistica di Ana María Bordas e César Vallejo. I risultati erano decisi per il 25% dal televoto, per il 25% da una giuria demoscopica e per il 50% da una giuria di esperti formata da otto membri (quattro spagnoli (Beatriz Luengo, Guille Milkyway dei La Casa Azul, Ángela Carrasco e Carlos Baute) e quattro stranieri (il capodelegazione britannico Lee Smithurst, quello armeno David Tserunyan, quella polacca Marta Piekalska e la scenografa danese Nicoline Refsing).
Nella prima semifinale sono subito state demolite le chance di vittoria della favorita della vigilia Sofia Coll, che ha chiuso in terza posizione dietro ai Nebulossa e ad Angy Fernández: i Miss Caffeina hanno centrato l’ultimo posto valido per la finalissima, eliminando i Mantra che hanno vinto il voto del pubblico in un mezzo plebiscito (abbastanza inspiegabile). La seconda semifinale è stata invece un monologo di St. Pedro, che ha conquistato il massimo dei voti per sette membri su otto del giurato e distanziato la prima inseguitrice María Peláe di ben 33 punti; Jorge González, cantante di origini gitane inviso al pubblico per alcune sue dichiarazioni della vigilia, ha vinto demoscopica e televoto e conquistato la terza posizione mentre Almácor (che era risalito nei pronostici grazie alle recensioni LEGGERMENTE entusiastiche della sala stampa) è riuscito a salvare la finale per 12 punti su Roger Padrós malgrado una performance vocale non all’altezza.
La serata finale, come prevedibile, ha visto una conferma dei valori messi in campo nelle due semifinali. La giuria di esperti ha assegnato lo stesso punteggio (86 punti) a Nebulossa e St. Pedro, con un distacco tale da impedire la rimonta degli altri sei partecipanti. La palla passava alla demoscopica, che assegnava i propri 40 punti a Jorge González davanti ad Angy Fernández, Nebulossa e St. Pedro: il nuovo equilibrio vedeva il duo electropop valenciano guadagnare la prima posizione con due soli punti di vantaggio sul bolero del cantante di San Cristóbal de La Laguna. Il voto del pubblico ha visto la vittoria dei Nebulossa per soli DUE televoti (4.486 preferenze contro i 4.484 di Jorge González), risultato che in ogni caso non avrebbe cambiato granché perché St. Pedro si fermava a soli 3.769 televoti e si accomodava così sulla piazza d’onore, con 139 punti contro 156. Al terzo posto la brava Angy Fernández, che chiudendo terza con la giuria di esperti, seconda con la demoscopica e terza al voto del pubblico riusciva a guadagnare una dignitosissima medaglia di bronzo.
É una totale sorpresa quella che porta ad incoronare come vincitori del Benidorm Fest 2024 i Nebulossa, duo electropop originario di Ondara (Comunità Autonoma di Valencia) e formato dalla coppia di coniugi composta dalla cantante María Bas e dal polistrumentista Mark Dasousa. Il gruppo esiste dal 2018 e aveva già tentato di rappresentare San Marino all’Eurovision l’anno passato, prendendo parte alla seconda edizione canonica di Una Voce per San Marino in una formazione a tre elementi con Ophelia Alibrando ma non riuscendo a superare le preselezioni. Il brano con cui rappresenteranno la Spagna a Malmö si intitola Zorra (Cagna) ed è una rivendicazione di intenti che punta a sovvertire l’uso della parola “zorra” come insulto verso le donne che intendono vivere la propria vita a pieno ed affermarsi nella società moderna.
A mio avviso, si tratta di una scelta estremamente rischiosa in chiave eurovisiva e che testimonia il desiderio degli spagnoli di “fare come Sanremo” e scegliere un brano che piaccia a loro in primis, senza curarsi troppo di come possa venire recepito dal resto d’Europa. Questo proposito può funzionare quest’anno perché era chiaro che un po’ tutti i brani finalisti, chi più chi meno, avrebbero portato alla Spagna un risultato sotto le aspettative se presentati all’ESC con la stessa messa in scena vista a Benidorm (forse con l’unica eccezione di Jorge González, che per la gioia del pubblico del Palau de l’Illa ha messo in scena una rivisitazione “maschile” della performance di SloMo di Chanel Terrero). Spero soltanto che le inevitabili critiche che già sono partite in Spagna in queste ore – al momento incentrate sul testo esplicito e sul messaggio femminista della canzone – non si traducano in un abbandono generale del duo da parte del fandom e del pubblico spagnolo se il risultato a maggio finirà per essere sotto le aspettative.