ROAD TO ESC 2024 – NORVEGIA 🇳🇴

Un’altra edizione del Melodi Grand Prix è passata e si è conclusa, e devo dire che l’appuntamento fisso del sabato mi ci mancherà (le mille polemiche un po’ meno, soprattutto se riguardano l’uso dell’autotune nelle performance). Alla conduzione c’erano Fredrik Solvang e Marion Ravn – istituzionali, competenti, ma forse un passo sotto l’accoppiata del 2023 formata da Staysman e Arian Engebø – e la selezione era composta da tre semifinali da sei canzoni ciascuna, di cui tre si sarebbero qualificate per la finalissima di sabato 3 febbraio presso lo Spektrum di Trondheim. Serata finale che peraltro ha rischiato di non tenersi e/o venire rinviata a causa di una delle tempeste di vento e neve peggiori della storia recente del paese, anche se alla fine tutti gli artisti sono riusciti a raggiungere la struttura in tempo per le prime prove.

La prima semifinale (13 gennaio) ha subito lanciato le velleità di Margaret Berger, già rappresentante norvegese nel 2013 (4° classificata con I Feed You My Love), che ha staccato il biglietto assieme a Gothminister e a Ingrid Jasmin Vogt – per quanto fosse chiaro a tutti che la vera “ciccia” stava nelle altre serate. Una settimana dopo (20 gennaio) è stata la volta di Super Rob & Erika Norwich, progetto dietro cui si celava lo studio di produzione The Woods e lo stesso team che due anni fa aveva portato al successo i Subwoolfer: a questo giro il gimmick su cui hanno puntato è stato quello di un robottone alto tre metri, a cui prestava la voce il cantante Gaute OrmÃ¥sen, e a una “bambolina” dai capelli rosa che si è rivelata totalmente inadeguata a ricoprire il ruolo che le è stato affidato. Le chance dell’inedito duo, partito con i favori del pronostico, sono immediatamente crollate dopo la prima esibizione a favore del gruppo folk rock GÃ¥te che ha convinto tutti da subito con il brano Ulveham. L’ultimo posto per la finale è stato ottenuto dal duo country formato da Dag Erik Oksvold e Anne Fagermo, in grado di accumulare consensi partendo dal nulla o quasi e stupendo con un’esibizione minimalista (al contrario di buona parte delle rivali dirette) e convincente; non ce l’ha invece fatta Mileo, che probabilmente ha scontato la scellerata richiesta da parte del broadcaster di “scusarsi” per la violenza presente nel testo della sua canzone.

La terza e ultima semifinale (27 gennaio) ha visto l’avvento dei KEiiNO, il cui ritorno in gara a cinque anni dal 6° posto conquistato all’ESC di Tel Aviv (con vittoria a sorpresa del televoto) ha mandato in visibilio buona parte degli eurofan. La loro Damdiggida ha superato la prova dell’esibizione live, per quanto si è subito notata una disparità fra il ruolo preponderante di Alexandra e quello degli altri membri del gruppo; assieme a loro, il roster dei nove finalisti si è completato con il passaggio del turno di Miia Virik (secondo le attese) e Annprincess Johnson (un po’ meno).

Si è arrivati così alla finale, che era stata costruita come uno scontro a due fra GÃ¥te e KEiiNO con Super Rob & Erika a giocare il ruolo di potenziali terzi incomodi. Il regolamento prevedeva che il 60% del punteggio totale fosse deciso dal televoto e solo il 40% dalle dieci giurie nazionali, in ossequio al desiderio del capodelegazione norvegese Stig Karlsen di vedere un simile equilibrio anche all’Eurovision (proposta che è stata effettivamente proposta al Reference Group e dovrebbe essere tuttora in fase di vaglio). Le giurie nazionali hanno premiato i KEiiNO con 98 punti, lasciando i GÃ¥te a 76 e il duo Oksvold/Fagermo sorprendentemente in terza posizione a 57; a ribaltare il risultato ci ha pensato il pubblico, che ha invece assegnato 174 punti a Ulveham, 146 a Damdiggida e 120 a My AI di Super Rob & Erika. La classifica finale vedeva la vittoria dei GÃ¥te per soli sei punti, 250 contro 244: fosse stato utilizzato lo stesso metodo dell’anno scorso (tradizionale split 50/50 fra pubblico e giurie) i KEiiNO sarebbero riusciti a conservare la vittoria per tre punti, relegando i GÃ¥te alla seconda posizione e Super Rob & Erika alla terza.

La Norvegia sceglie dunque i GÃ¥te, band folk rock originaria della regione del Trøndelag e composta dalla cantante Gunnhild Eide Sundli, dal chitarrista Magnus Børmark, dal bassista Mats Paulsen, dal batterista Jon Even Schärer e dal suonatore di nyckelharpa John Stenersen: sono attivi e popolarissimi in Norvegia dai primi anni ’00 e hanno attraversato gli ultimi 25 anni (compresi 12 di hiatus) in diverse formazioni. Il brano che porteranno in gara all’Eurovision si intitola Ulveham (Pelle di lupo), ricalca un’antica ballata della tradizione norrena che è stata riscritta in norvegese corrente per ottemperare alle regole del contest ed è scritto e composto da Sveinung Eklo Sundli, Ronny Graff Janssen, Marit Jensen Lillebuen, Gunnhild Eide Sundli, Magnus Børmark e Jon Even Schärer. Si tratta della prima canzone in lingua nazionale a rappresentare la Norvegia all’Eurovision dal 2006, anno in cui Alvedansen (La danza degli elfi) si classificò al 14° posto all’Eurovision di Atene.

A mio parere si tratta di una scelta intelligente e che rifugge un po’ i cliché che avrebbero inevitabilmente perseguitato la nazione scandinava in caso di scelta dei KEiiNO o del duo Super Rob & Erika. Gunnhild ha una vocalità particolare e la messa in scena catalizzerà grandi consensi in particolare tra gli amanti del rock (che hanno spesso benedetto le proposte più alternative viste in gara in questi ultimi anni). Non so se sia un pacchetto abbastanza “mainstream” per giocarsi la vittoria o il podio, ma penso che la Norvegia sia destinata a raggiungere la top10 per l’ottava volta nelle ultime 11 partecipazioni e consolidare sempre più il suo ruolo di peso massimo all’interno del contest.

 

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