La Svezia è morta, lunga vita alla Svezia

Oggi è il 26 novembre, e ci troviamo più o meno a metà strada fra l’edizione 2024 dell’Eurovision Song Contest e quella che l’ha preceduta. Liverpool 2023 ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella storia dell’ESC – non solo perché è stata la prima edizione organizzata per cause di forza maggiore al di fuori della nazione campione in carica, non solo perché grandissimo successo di pubblico e critica, ma soprattutto per la vittoria fortemente contestata della Svezia e la piazza d’onore (unita al primo posto del televoto e la palma di vincitrice morale) della Finlandia.

Il trionfo di Tattoo è arrivato grazie al dominio assoluto del voto della giuria, vinto con 340 punti contro i 177 della seconda classificata. Risultato diametralmente opposto a quello del televoto, che ha premiato il finlandese Käärijä e la sua Cha Cha Cha con le dimensioni del plebiscito: 376 punti (media di 10,16 a nazione, solo gli ucraini Kalush Orchestra nel 2022 erano riusciti a fare meglio) a fronte dei 243 di Loreen. Come da previsioni della vigilia è stato un voto estremamente polarizzato, come si confà ad un’edizione oggettivamente livellata verso il basso (si è entrati in top10 con soli 129 punti, il punteggio più basso di sempre) e pochissime canzoni competitive sia con le giurie che con il televoto. Tanto che il nostro Marco Mengoni, partito senza i favori del pronostico, ha capitalizzato l’assenza di una forte concorrenza diretta ed è riuscito ad arrampicarsi fino a un onorevolissimo quarto posto classificandosi terzo fra i giurati delle 37 nazioni in gara e sesto per il pubblico.

Loreen è diventata la prima artista donna a vincere due volte l’Eurovision, pareggiando lo storico record dell’irlandese Johnny Logan che aveva portato a Dublino due titoli nel 1980 e nel 1987 (più un terzo nel 1992 come autore di Why Me? di Linda Martin). Contemporaneamente, la Svezia ha raggiunto l’Irlanda in cima al medagliere storico di Eurovision, con sette affermazioni complessive (1974, 1984, 1991, 1999, 2012, 2015 e 2023) e soprattutto un ruolino di marcia di tre vittorie, cinque podi e nove top5 nelle ultime 12 edizioni.

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È un fatto, però, che questi record storici e attesi ormai da decenni siano stati in qualche modo macchiati dalla reazione “a caldo” degli eurofan al risultato di Liverpool 2023. Da anni ormai la Svezia è in qualche modo invisa a buona parte del fandom, per tanti motivi più o meno validi ma che abbastanza oggettivamente vanno ricercati nella grande sfera dell’invidia: in primis i risultati importanti ottenuti nell’ultima decade e il sostegno entusiasta delle giurie a quasi tutte le loro proposte (a fronte di un supporto popolare sempre più asfittico, anche se meno di quanto si potrebbe pensare).

Altre critiche riguardano l’approccio troppo “scientifico” alla propria partecipazione, la poca sperimentazione musicale, la bolla dei soliti compositori che monopolizzano da anni il Melodifestivalen e soprattutto il rifuggire dichiaratamente i trend che hanno fatto bene nelle ultime edizioni dell’ESC, dalla lingua nazionale (gli svedesi non portano una canzone nella loro lingua ufficiale addirittura dal 1998, Kärleken är di Jill Johnson) al progressivo spostamento dal pop radiofonico ad altri generi musicali e a un approccio votato a premiare la tradizione, il folklore, l’unicità musicale e l’originalità in tutte le salse. Questo non può che giocare contro a una nazione che vanta la terza più grande industria musicale al mondo dopo USA e Regno Unito, e che negli anni ha reso il pop commerciale uno dei propri simboli e prodotti da esportazione: non si conta il numero di stelle della musica che hanno lavorato con autori e produttori svedesi, da Britney Spears a Lady Gaga passando per Taylor Swift, Katy Perry, The Weeknd e praticamente tutto il gotha dell’industria discografica mondiale.

E tuttavia, la vittoria di Loreen sembra arrivare per fermare quello che da anni veniva visto come un lento declino e lanciare una nuova età dell’oro della Svezia eurovisiva. Si potrebbe dire che l’ondata precedente, quella dei primi anni ‘10 quando nel giro di poco la nazione scandinava ha rivoluzionato l’intera manifestazione e spostato di forza il baricentro del contest verso Stoccolma, non sia mai del tutto terminata: la Svezia resta la nazione in cui l’Eurovision è complessivamente più popolare, lo ha innovato e mantenuto attuale a livello televisivo (con l’edizione 2016 che ha stabilito un benchmark per gli anni a venire che dura tuttora) e in qualche modo lo ha mantenuto in piedi per buona parte dello scorso decennio (Kiev 2017 probabilmente non si sarebbe tenuta affatto senza l’intervento di SVT). Il Melodifestivalen ha avuto qualche annata un po’ deludente a livello di intrattenimento, ma è ancora un programma sentitissimo in Svezia e capace di realizzare ogni anno hit grandi e piccole a un livello che, tra le altre selezioni nazionali, soltanto Sanremo si può oggettivamente permettere.

Sono stati proprio i risultati commerciali a rivalutare la vittoria di Tattoo, che in nove mesi ha superato i 350 milioni di streaming su Spotify e ha ottenuto almeno una certificazione in ben dieci nazioni (tra cui l’Italia) inseguendo il solco tracciato da Arcade e Zitti e buoni come hit paneuropee lanciate dal contest. Tra i brani sconfitti dell’ultimo Melodifestivalen, diversi hanno raggiunto la soglia importante – per un mercato numericamente limitato come quello svedese – dei 10 milioni di streaming: si va dai 21 milioni di Six Feet Under (Smash Into Pieces), ai 15 di Mer av dig (Theoz), ai 13 di Air (Marcus & Martinus) agli 11 di Where You Are (Arc North, Jon Henrik Fjällgren e Adam Woods). Tutto ciò fa da preludio a un’edizione 2024 che al netto dei proclami dei soliti gufi, si preannuncia scoppiettante, competitiva e ricca di spunti di discussione.

Cosa può invece portare Malmö 2024 alla legacy del contest? La scelta del capoluogo della Scania è senza dubbio legata al tema della sostenibilità, tradizionalmente caro a SVT tanto più in questo momento storico. Malmö ha prevalso in una rosa di quattro candidature “serie”, facendo leva in particolare sulla sua arena coperta e sulle strutture ricettive già collaudate e testate durante l’edizione 2013.

Tolte dalla scena le candidature poco praticabili di Göteborg (con lo storico e vetusto Scandinavium destinato alla demolizione e ricostruzione nel giro di pochi anni, oltre a non rispettare le direttive di EBU in merito ai carichi sospesi) e Örnsköldsvik (città piccola e poco collegata, per quanto dotata dell’ottima Hagglunds Arena già sede di cinque semifinali del Melodifestivalen in 16 anni) l’unica concorrente seria è rimasta logicamente Stoccolma, che a fronte dell’Avicii Arena anch’essa in ristrutturazione in vista dei mondiali di hockey su ghiaccio in programma nel 2025 metteva in campo due stadi coperti con capienza di oltre 20,000 posti ciascuno. Per diversi motivi entrambe le soluzioni sono state abbandonate: la Friends Arena di Solna è stata prenotata da Taylor Swift nella settimana “calda” per due tappe del suo acclamatissimo The Eras Tour, mentre all’uso della Tele2 Arena si sono opposte le due squadre di calcio (Djurgårdens IF e Hammarby) che se ne servono a turno durante la stagione del campionato svedese. È emersa in seguito l’opzione di un’arena temporanea presso Frihamnen, il porto cittadino, quasi subito messa alla berlina dai media svedesi e abbandonata per i costi troppo alti e il rischio elevato di ripetere una seconda Copenhagen 2014.

Sveriges Television (SVT) è scesa in campo annunciando fin da subito le principali cariche dedicate alla cura e allo svolgimento dei vari aspetti di Malmö 2024: come produttori esecutivi avremo il duo “in rosa” di Ebba Adielsson (responsabile del settore intrattenimento di SVT e attuale membro del Reference Group di EBU) e Christel Tholse Willers (per anni produttrice esecutiva del Melodifestivalen). A loro si affiancheranno Tobias Åberg come produttore tecnico, Johan Bernhagen come produttore finanziario e Per Blankens come produttore televisivo: i primi due avevano già fatto parte del core team delle edizioni 2013 e 2016, mentre Blankens ha lavorato nel team di produzione del Melodifestivalen 2006 e 2007 e maturato esperienza in ambito televisivo lavorando sulle versioni svedese e americana di Idol e sul talent show cinese The Next (Dragon TV). Dulcis in fundo, il nome più conosciuto e inevitabilmente più pesante: Christer Björkman, showrunner e direttore artistico del Melodifestivalen per 20 anni, tornato nella sfera ESC dopo il fragoroso flop dell’American Song Contest e pronto a riprendersi spazio ed influenza nel suo familiare ruolo di contest producer.

In assenza della lista dei partecipanti (al momento le conferme sono 35, ma alcuni leak e voci trapelate in sordina piazzano l’asticella addirittura a 41 – ovviamente con il punto di domanda di Israele, su cui torneremo in seguito) la principale polemica che ha tenuto banco in questa prima parte di stagione è stata legata alla proposta dell’Head of Delegation norvegese (Stig Karlsen) di abbassare la percentuale del voto delle giurie internazionali dal 50% attuale al 30 o 40%. C’è ragione di credere che il desiderio di favorire in qualche modo il televoto rispetto ai giurati, apparentemente un po’ sopito dopo le prime levate di scudi che hanno seguito la sconfitta di Käärijä, sia più condiviso fra le varie delegazioni di quanto ci si possa ragionevolmente aspettare. In attesa del comunicato ufficiale di EBU che dovrebbe sancire in qualche modo questo cambiamento (un vero e proprio contentino agli eurofan più “talebani”, con buona pace della tutela dell’integrità del contest) Karlsen ha dichiarato che l’edizione 2024 del Melodi Grand Prix prevederà in ogni caso uno split 60/40 fra televoto e giurie.

Infine, il primo comunicato stampa congiunto di EBU e SVT, che hanno annunciato “United by Music” (lo slogan ufficiale di Liverpool 2023) come motto in perpetuo delle future edizioni dell’Eurovision Song Contest. Una decisione arrivata a sorpresa e osteggiata da buona parte dei fan, in quanto rappresenta l’ennesimo passo verso la corporate era del contest: un brand “standardizzato” da promuovere ed esportare in serie, svuotandolo sempre più dell’unicità e dell’originalità fra gli approcci dei vari paesi ospitanti. Se il voler identificare l’ESC con una generica e melensa dichiarazione di intenti all’insegna di una “unione” fra i popoli che spesso viene meno nella realtà dei fatti sarà una mossa vincente, solo il tempo ce lo dirà: certo è che l’unica vera personalizzazione dei contest futuri rimarrà legata al logo e alla differente implementazione dello slogan United By Music, con Malmö 2024 primo banco di prova per questa nuova direzione (con tutti i rischi del caso).

Un tema che, come la volontà espressa da SVT di ridurre la durata del contest dalle attuali 4 ore e 10’ a sotto le 3 ore e 30’, farà inevitabilmente discutere e dividerà sempre più gli eurofan sull’Eurovision svedese che si prospetta.

2 commenti su “La Svezia è morta, lunga vita alla Svezia”

  1. Credo che nessun’altra delegazione voglia davvero spingere al cambio di percentuali della votazione visto che poi significherebbe che dovrebbero proprio rinunciare a mandare certi generi per prendere la via facile giusto per i punti del televoto peggiorando solo di più la qualità dei pezzi in gara, probabilmente vorranno fare il broadcast dei jury show su YT così almeno gli eurofan non si strappano i capelli se le giurie penalizzano la loro entry favorita per via di una performance deludente quella sera (che è ciò che è successo ad Alessandra quest’anno)

    1. Fosse così ne sarei soltanto contento. Il tema è che è molto più facile (specie per le selezioni poco competitive e/o interne) selezionare pezzi che abbiano appeal sul pubblico più che sulle giurie, tanto più se queste ultime finiscono per premiare sempre gli stessi paesi.

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