Ce lo chiede l’Europa

Con il tradizionale round di preascolti della stampa, tenutosi lunedì pomeriggio presso il centro di produzione RAI di Milano, è andato in scena l’ennesimo psicodramma di questo 74° Festival di Sanremo che come già avevo annunciato a dicembre sta iniziando ad assumere le dimensioni di una vera e propria Apocalisse della musica – o perlomeno è impossibile non pensare così leggendo i fan già schierati in trincea per sostenere l’uno o l’altro artista in gara. Quello dei preascolti è il classico gioco delle parti che si ripropone anno dopo anno e di cui fingiamo costantemente di scordarci le dinamiche e i protagonisti: c’è il giornalista che spara a zero su tutto e tutti (in questo caso Francesco Prisco del Sole 24 Ore, capace di dare insufficienze a 26 brani su 30) e quello per cui letteralmente ogni brano in gara farà la storia della musica, ci sono i soliti voti di comodo verso determinati artisti propiziati dalla necessità di mantenere i rapporti con determinati uffici stampa, c’è la totale demolizione dei Giovani promossi a Big e degli artisti emergenti (tutti i quali si trovano, guarda caso, nelle ultime posizioni della classifica combinata dei voti raccolti fra le varie testate) per fare risaltare “quelli” degli uffici stampa summenzionati.

La narrazione che al momento tiene banco è quella di un Sanremo a forte trazione femminile e dell’inevitabile vittoria di UnaDonna™, per interrompere una streak negativa che dura ormai dieci anni dall’ultimo leoncino d’oro alzato da un’interprete solista (Arisa nel 2014 con Controvento). Lo stesso Amadeus, in pubblico e in privato, non fa mistero di essere disposto a tutto quanto è in suo potere per incoronare come ultima vincitrice del suo “ciclo” di cinque Festival una delle cantanti inserite nel cast di quest’anno. Un accadimento che non è mai apparso possibile quanto quest’anno, e in qualche modo avrebbe il potere di riconciliare i tantissimi eurofan delusi dalle poche performance femminili inviate dal rientro in poi (un po’ come accaduto con il Melodifestivalen svedese dal 2015 al 2019, striscia rotta dalla vittoria delle Mamas nel 2020 della pandemia). D’altra parte, però, la presenza di così tante e competitive candidature femminili crea un problema di sovrapposizione delle rispettive fanbase, che in qualche modo potrebbe danneggiarle – tutte o alcune di loro – per quanto riguarda il lato televoto.

Una bella notizia è che, contrariamente a quanto accaduto nelle ultime due edizioni, il Festival di Sanremo 2024 parte senza un vincitore designato. Non sembra incombere all’orizzonte un’affermazione come quella di Mahmood & Blanco nel 2022 e di Marco Mengoni nel 2023, entrambe vittorie telefonate quasi dall’annuncio del cast e mai messe seriamente in discussione. Al contrario, la grande densità di nomi più o meno comparabili apre a una situazione di sostanziale equilibrio sia per la vittoria che per l’accesso in superfinale, due corse che potrebbero entrambe venire decise sul filo dei punti percentuali con tanti aspiranti pronti ad inserirsi sfruttando le narrazioni che si svilupperanno nel corso della settimana sanremese.

Questa la classifica dei 20 più probabili vincitori del Festival alle 16:00 di sabato 20 gennaio, almeno per quanto riguarda la collezione di bookmaker stranieri raccolta dal solito e affidabilissimo EurovisionWorld. Si tratta di una graduatoria puramente indicativa ed influenzata maggiormente dai flussi di denaro investiti dagli scommettitori stranieri, che per forza di cose hanno un quadro abbastanza parziale delle dinamiche di Sanremo e basano le loro impressioni sulle poche fonti che è possibile reperire in lingua inglese (come l’account twitter @sanremo_en, che ha tradotto e pubblicato una rassegna di recensioni dei brani in gara): il ragionamento che fa chi scommette è che la sala stampa tenderà a premiare a febbraio gli stessi nomi che sono stati stravotati ora, una correlazione che come sappiamo non sempre c’è stata negli scorsi anni (oltre al fatto che, come tutti sappiamo, il peso “effettivo” delle varie giurie nei primi giorni di gara sarà estremamente inferiore a quello del televoto). Non ha quindi molto senso monitorare in modo FEBBRILE l’alzarsi o abbassarsi delle varie percentuali ad ogni minimo “soffio di vento”: più interessante è il trend sul medio periodo, che vede un calo sostanziale del leader originale Geolier (secondo me dovuto allo scetticismo di tanti recensori di fronte alla lingua napoletana) e di Alessandra Amoroso (non particolarmente supportata dalla stampa) mentre hanno scalato posizioni Annalisa, Loredana Bertè, The Kolors e Angelina Mango (più o meno i brani che sembrano aver riscosso il massimo sostegno dei giornalisti)

Togliendo dal mazzo 13 sostanziali no-hoper (Gazzelle, Renga & Nek, Clara Soccini, Rose Villain, Santi Francesi, Il Tre, BigMama, Alfa, La Sad, bnkr44, Maninni, Fred De Palma, Ricchi e Poveri), rimangono a mio avviso ben 17 artisti con speranze di potersela quantomeno giocare per accedere al round finale.

É inutile negarlo, Annalisa arriva a Sanremo con il ruolo di principale favorita (anche in chiave Eurovision, con Amadeus che nella serata di Sanremo Giovani ha predetto che “tutta Europa” avrebbe ascoltato la sua Sinceramente) e in un certo modo incarna la vittoria “scontata”, pur senza incarnarne a mio avviso i presupposti. Sappiamo che la canzone sarà uptempo e simile come sound e produzione ai successi dello scorso anno solare (Bellissima, Mon amour, Euforia), aspetto che dovrebbe in qualche modo spingere il televoto a supportare attivamente la vera e propria regina della musica italiana nel 2023 appena concluso. Eppure, se davvero fosse Annalisa ad alzare il leoncino, ci troveremmo di fronte a un’affermazione in forte controtendenza con la storia recente del Festival: l’ultima vittoria femminile dista 10 anni, ma l’ultima vittoria di una canzone uptempo eseguita da una donna probabilmente risale ad Anna Oxa nel 1999, quando tra l’altro il televoto nemmeno esisteva (Non è l’inferno non la considero perché si apriva con una strofa più o meno “lenta” e comunque era figlia del grande supporto del televoto per gli amiciani di quell’epoca). Mi sembra un po’ lo stesso film già visto con Elodie la scorsa edizione: anche lei arrivava all’Ariston sull’onda di svariati successi radiofonici e alla prova dei fatti non riuscì nemmeno a centrare l’accesso alla cinquina finale, puntando su un brano che ha poi raccolto molto in radio ma dal vivo non convinse del tutto. In più, che piaccia o meno, le uptempo a Sanremo vengono spesso danneggiate dall’arrangiamento orchestrale (vedi Ciao ciao e Musica leggerissima, due pezzi che stando agli ascolti dei giornalisti avrebbero dovuto vincere le rispettive edizioni con bacio accademico) e vedo questo stesso rischio anche per la quinta partecipazione di Annalisa. Anche considerando l’innegabile aumento di appeal della sua immagine e proposta artistica, non riesco davvero ad immaginarmela vincere il televoto con un margine considerevole (il che potrebbe fare la differenza in F5 se, come vedremo in seguito, sala stampa e giuria delle radio si divideranno tra varie opzioni).

Nella mia idea originale, la partecipazione di Alessandra Amoroso poteva rappresentare una sorta di “Mengoni 2023 al femminile” per l’entusiasmo e in un certo senso la deferenza che ha inizialmente accolto la notizia del suo tanto atteso ritorno in gara. Eppure, dopo il fervore mediatico dei primi giorni, questa euforia è in qualche modo venuta meno e ha trovato la sua concretizzazione nelle recensioni oltremodo tiepide ricevute da Fino a qui – un brano che è sì stato descritto come una sorta di Due vite 2.0, ma allo stesso tempo dovrebbe rappresentare una summa dei 15 anni di produzione musicale dell’interprete. L’attenzione si sposta dunque sul duetto, che per come è stata impostata la partecipazione di Alessandra non potrà che includere la partecipazione di uno o più nomi di altissimo profilo e potrebbe darle modo di tornare a guadagnare terreno. Sulla forza di questa proposta al televoto ognuno manterrà la propria opinione, ma peserà sicuramente l’accanimento della Big Family e la popolarità pregressa dell’artista contro la voglia di incoronare un vincitore diverso dallo scorso (e magari non la terza ballad consecutiva).

Su Geolier il punto rimane il solito: è un act che sulla carta può arrivare in top5 con la sola forza del televoto di Napoli e dintorni (oltreché del pubblico più giovane che ha scoperto la scena urban partenopea grazie al successo di Mare fuori). Potrà essere sostenuto da stampa e radio? Altro discorso, anche se l’anno scorso una fronda consistente di giornalisti provò a sostenere il ribaltone di Lazza (che comunque fu sconfitto da Marco Mengoni in tutte le categorie, sala stampa inclusa). L’impressione è che la canzone sia piaciuta abbastanza, ma che abbia delle forti red flag in chiave vittoria finale e in ogni caso sia destinata a giocarsi la F5 (se ci arriva) con proposte più “trasversali”. Altre incognite: la lingua napoletana, il genere “ostico” ai boomer (soprattutto in un’era di forte demonizzazione della trap e dell’autotune, ringraziamo tutti Luca Jurman), il duetto (che dovrebbe rappresentare un vero e proprio peso massimo della serata con la combo Gué-Luché-Gigi D’Alessio).

Angelina Mango arriva con alle spalle ottimi riscontri dei giornalisti per La noia (descritto come un brano pop fresco e contemporaneo, simile alla sua attuale hit Che t’o dico a fa’). Nella classifica combinata della sala stampa è stata seconda alle spalle della sola Bertè, e l’appeal del brano sembra aver convinto gli scommettitori che comunque già prima dei preascolti la inserivano tra i primi cinque. La sua partecipazione dovrebbe essere più un preludio a un futuro ritorno con reali prospettive di vittoria, magari già nel 2025, ma sembra difficile vederla imporsi in una F5 dove sarà inevitabilmente superata a destra da candidate più forti sia al televoto che con le varie giuria, senza la possibilità di rappresentare una possibile vincitrice di compromesso (anche a livello di narrazione).

Parlando di Loredana Bertè: da una parte poteva essere prevedibile un buon supporto della stampa ai preascolti, dall’altro il vero e proprio plebiscito raccolto da Pazza ha inevitabilmente riportato alla mente il quarto posto raccolto dall’artista di Bagnara Calabra nel 2019, piazzamento ritenuto dai più un vero e proprio furto ai suoi danni e che quest’anno potrebbe dare l’occasione di vendicare. Con le regole attuali Loredana sarebbe verosimilmente entrata nella terzina finale al posto di Mahmood, cambiando irrimediabilmente la storia del Festival e di tutta la musica italiana: al televoto fu terza partendo da una posizione in scaletta pressoché ideale (#7 su 24), il che a mio parere dimostra che anche in una line-up più “consistente” come quella di quest’anno possa partire da un più che buon supporto popolare. Arrivasse in F5, ripulita l’onta della finalissima non raggiunta, potrebbe intercettare sia i voti del pubblico over che di buona parte della stampa andando a raccogliere quella “legacy win” che manca a Sanremo ormai dai tempi dell’affermazione degli Stadio. Nessuno sembra vederla arrivare, e proprio la narrazione di questo Sanremo 2024 potrebbe darle una spinta ulteriore: se deve tornare a vincere una donna, perché non colei che a Sanremo ha raccolto troppo poco e in qualche modo ha aspettato più di tutte?

I Negramaro rimangono una grande incognita: a parte della stampa sembrano essere piaciuti, ma è impossibile non leggere tra le righe il sostegno più a un Giuliano Sangiorgi che decide di mettersi in gioco (portandosi dietro tutta una storia pregressa di successi, ricordi, emozioni legati ai 20 anni di attività della band) che al brano in sè. Non avendo mai preso parte a nessuna manifestazione con televoto da Sanremo 2005 in poi, è difficile stabilire a priori quanto possano effettivamente incidere sulla gara e in che misura. Di certo si parlerà di loro – sono pur sempre il “nomone” dell’edizione – e la demografica dei loro fan dovrebbe sovrapporsi abbastanza naturalmente con quella del pubblico di Rai 1 e del Festival.

Sul possibile successo dei The Kolors, malgrado il beneplacito della stampa (che sei anni fa aveva smontato pezzo per pezzo Frida (mai, mai, mai), un massacro a posteriori totalmente immotivato e anche un po’ sconfessato dal risultato finale), rimango tutto sommato scettico. Per quanto Un ragazzo una ragazza sia stato descritto come uno dei tormentoni più devastanti di questi ultimi anni, non è una formula che è facile ripetere sul palco dell’Ariston e nemmeno possiamo dire che i Kolors abbiano una tale fanbase da garantire uno zoccolo duro e imprescindibile al televoto: nel 2018, all’apice della popolarità post-Amici, furono quinti con 8,50% in un’edizione “scarica” dietro anche a Luca Barbarossa. Italodisco è stata un successo planetario (e se il gioco è quello che sembra, potrebbe essere anche una carta da giocare nella serata delle finte cover), ma si tramuterà in gradimento effettivo quanto la gente dovrà prendere in mano il telefono per supportarli?

Il Volo restano una bella scommessa per un posto in top5: hanno una fascia di pubblico che li voterà a prescindere, al di là del pezzo che sembra promettere una rivisitazione in chiave più contemporanea dell’opera pop di Grande amore e Musica che resta. Come Ultimo l’anno scorso, non hanno alcuna speranza di vincere la superfinale e comunque costituiranno il più plausibile “spauracchio” contro il quale verranno lanciati i soliti, inutilissimi proclami di “voto utile” via Twitter/X; come Ultimo l’anno scorso, mantengono a dispetto di tutto delle buone possibilità di portare a casa un piazzamento anche altissimo a scapito di altri sfruttando il solo televoto (che nel classificone a 30, per il discorso già fatto più volte, deciderà quasi da solo i cinque superfinalisti).

Capitolo vincitori recenti: Mahmood era stato inizialmente dato per spacciato o quasi dopo l’annuncio del cast, condizione “strana” e tutto sommato inquietante per l’artista più di successo nella storia moderna del Festival di Sanremo. I preascolti sembrano avere risollevato le sue chance, descrivendo un brano tutto sommato diverso dal mood di Brividi e anzi più simile alle sonorità di Soldi e Barrio: c’è chi – ma prendiamo tutto con le pinze, conoscendo il livello della stampa italiana – ha definito Tuta gold la proposta più eurovisiva del lotto. Dubito che (tolti i fan più accaniti) ci sia davvero la voglia di rivedere Mahmood vincitore per la terza volta in sei anni, ma se il pezzo è competitivo comunque si giocherà un piazzamento importante. Su Diodato aleggia fin dalla serata di Sanremo Giovani una narrativa di “retribuzione” per il non aver potuto capitalizzare la vittoria del 2020, fra l’Eurovision saltato e i mancati introiti del tour primaverile/estivo che per forza di cose non c’è mai stato. In assenza del plebiscito della sala stampa, trovo però difficile immaginarmi un suo ingresso nei primi cinque (dove sarebbe molto temibile, appunto per la polarizzazione dei vari gruppi) e credo che sarà costretto ad accontentarsi di una posizione di rincalzo.

Le buone recensioni a Emma e Fiorella Mannoia mettono ulteriormente in pericolo le donne papabili, che dovranno giocarsi i consensi del voto popolare con altre due interpreti che hanno già detto la loro nel recente passato sanremese. Emma, che condivide molti fan con Alessandra Amoroso sia per questioni di provenienza geografica che per aver fatto parte della stessa “era” di Amici, torna a soli due anni da un Festival in cui fu sesta complessiva – con le regole odierne sarebbe la prima esclusa dalla superfinale – e ottava al televoto. Fiorella scende invece in campo a sette anni di distanza dal secondo posto di Che sia benedetta, arrivato grazie a un convincente secondo posto nel televoto del primo round della finale 2017 dietro all’eventuale vincitore Francesco Gabbani (ma come abbiamo detto per altri, in un’edizione con un cast mediaticamente molto più debole).

Diversi altri cantanti in gara non sembrano partire col favore del pronostico ma hanno fatto registrare buoni o ottimi risultati nel passato recente. Irama ha sempre raggiunto almeno la quinta posizione al televoto nei Festival in cui ha partecipato da Big, sfiorando la top3 nel 2022 (sfuggita per l’improvvida scelta di Gianluca Grignani come partner della serata cover): ora torna in gara con un brano che sembra voler riprodurre la formula di Ovunque sarai, brano che tuttora è fra i più conosciuti della sua discografia. Cambia totalmente direzione Sangiovanni che fu quinto al televoto nel 2022 con l’uptempo Farfalle e si presenta a questo giro con una ballad dedicata all’ex fidanzata Giulia Stabile, con descrizioni che a primo impatto potrebbero ricordare la sua hit minore Cielo dammi la luna. Sarà poi da valutare la possibilità per Mr. Rain di ripetere l’exploit del 2023 (terzo nella classifica finale, terzo nel primo round di televoto e quarto al televoto della superfinale), magari legato a un altro possibile gimmick da sfruttare per fidelizzare i tanti gruppi Facebook/WhatsApp che spinsero Supereroi sul podio e a quasi 80 milioni di streaming. Infine il possibile “caso mediatico” che potrebbe toccare le proposte di Dargen D’Amico e Ghali, a quanto pare entrambi in gara con brani movimentati e contrassegnati da un tema sociale (per Ghali è in ballo anche una cover a fortissimo rischio polemica su L’italiano di Toto Cutugno).

Questa la situazione a poco più di due settimane dal kick-off di Sanremo 2024, con la scelta di duettanti e pezzi da coverare ultimo vero nodo da sciogliere prima dell’inizio del Festival. L’unica vera certezza che ci guida in questa stagione sanremese resta la solita, già esplicitata oltre un mese fa: l’Italia si presenterà ai nastri di partenza dell’Eurovision con l’intento dichiarato di riportare a casa il microfono di cristallo o quantomeno provarci. In un Sanremo di livello apparentemente così elevato, e con così tante proposte che sembrano distanziarsi dalla tradizione classica della “bella voce” e delle ballad che contraddistingue la nostra nazione all’ESC (20 su 30 pezzi in concorso dovrebbero essere uptempo), non ho il minimo dubbio che chi emergerà vincente dalla contesa avrà le carte in regola per essere competitivo in Europa, al di là degli inevitabili stracci di vesti e pianti greci che siamo destinati a leggere in un senso o nell’altro.

1 commento su “Ce lo chiede l’Europa”

  1. Non do mai un giudizio senza aver ascoltato tutte le canzoni partecipanti, però quest’anno la vittoria di Annalisa la vedo quasi inevitabile. Sembra veramente tutto costruito intorno alla sua storia di successo dell’anno passato. Vero che i giornalisti sembrano meno unanimi dell’anno scorso, ma non mi aspetto grandi sorprese.

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